Aveva all’incirca 17 anni, era la più giovane, si capiva che era appena arrivata dall’ansiosa inclinazione del suo corpo teso, come se fosse sulle spine.
Non l’aveva mai fatta prima questa cosa, e non conosceva nessuna delle altre, che a furia di occhiate furtive avevano l’aria di carceriere in una gabbia senza sbarre.
E io decisi che in quella gabbia ci dovevo entrare, forzandole quelle sbarre.
C’è qualcosa riguardo alla paura che viene superato dalla spontaneità.
Più in fretta uno decide, meglio si libera da quel fardello che paralizza.
Scesi dall’auto e mi diressi dritta e decisa verso di lei presentandomi, ma capii subito che non conosceva la mia lingua.
E non c’è niente come non riuscire a comunicare per farti sentire in una terra di nessuno.
Volevo rivederla, provare a dirle qualcosa o a farmi dire qualcosa, poche parole, non troppe, e poi tornare e tornare ancora.
L’abbracciai.
Di che cosa profuma l’abbraccio?
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