Sette donne con disabilità su dieci hanno subito, almeno una volta nella vita, un episodio di violenza. Eppure, nonostante la gravità del fenomeno i centri antiviolenza e le case rifugio faticano ancora oggi a rispondere con competenza al doppio portato delle donne con disabilità coinvolte in situazione di violenza. Scardinare questa situazione, favorire l’emersione e la presa in carico delle donne e delle ragazze con disabilità vittime di violenza è l’obiettivo del progetto “Artemisia” (Attraverso reti territoriali emersione di situazioni di violenza) un progetto promosso da Fondazione Somaschi onlus, fondazione ASPHI onlus, LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità, Ceas-Centro ambrosiano di solidarietà, fondazione Centro per la famiglia card. Carlo Maria Martini.
Fin dalla scelta del nome (un rimando alla vicenda della pittrice Artemisia Gentileschi) il progetto vuole mettere al centro il ruolo dell’autodeterminazione della donna nell’ambito di un percorso di emersione dalla violenza subita. Un percorso che può essere particolarmente complesso per le donne e le ragazze con disabilità: non solo per una maggiore difficoltà nel chiedere aiuto -pensiamo ad esempio a chi ha una ridotta mobilità e non può raggiungere in autonomia un servizio- ma anche a volte per la mancanza di risorse o competenze specifiche all’interno dei servizi dedicati.
Nei centri antiviolenza e nelle case rifugio mancano competenze specifiche sui temi inerenti la disabilità, mentre i servizi e i centri rivolti alle persone con disabilità hanno una carenza di competenze sulle tematiche relative a molestie e abusi rispetto al genere.
Favorire l’emersione della violenza ai danni delle ragazze e delle donne con disabilità è l’obiettivo principale del progetto “Artemisia”. La prima azione messa in campo in questo senso è la formazione specifica rivolta agli operatori dei centri antiviolenza e della filiera dell’accoglienza in casa rifugio per favorire l’implementazione di competenze su diverse forme di disabilità, sulle risorse presenti sui territori per il loro supporto e accompagnamento in percorsi di autonomia. Inoltre -grazie alle competenze di ASPHI in materia di accessibilità e usabilità digitale e a quelle del Centro regionale per l’accessibilità e il benessere ambientale di LEDHA- si andrà a lavorare per rendere più accessibili gli spazi operativi e le modalità di contatto dei servizi dedicati alla violenza.
Parallelamente, analoga attività di formazione e sensibilizzazione sui temi della violenza di genere verrà svolta all’interno delle realtà e delle reti attive sul tema della disabilità (residenze, centri diurni, servizi sanitari dedicati) dove spesso è assente l’attenzione generale nell’individuare gli elementi di criticità che possono suggerire la presenza di dinamiche di violenza di genere.
La seconda fase del progetto “Artemisia” prevede lo sviluppo di opportunità di accoglienza in case rifugio per donne con disabilità: tre spazi abitativi -ricavati all’interno di beni sequestrati alla criminalità organizzata- che sono stati concessi in uso a Fondazione Somaschi e a Ceas da alcuni Comuni dell’hinterland milanese e che verranno attrezzati con tecnologie atte a consentire l’accessibilità e l’effettiva usabilità da parte di donne con diverse disabilità. Allo stato attuale, infatti, i luoghi preposti all’ospitalità delle vittime di violenza non sono adatti dal punto di vista strutturale ad accogliere donne e ragazze che hanno una disabilità motoria o sensoriale. Come pure le operatrici presenti non hanno una formazione specifica su questi temi e sulle strategie più efficaci per l’accompagnamento all’autonomia.
Il progetto “Artemisia” è sostenuto dalla Fondazione di Comunità Milano. Vi partecipano i Comuni capofila delle reti territoriali antiviolenza (Milano, Melzo, Rho, Rozzano, San Donato Milanese, Legnano e Cinisello Balsamo) oltre alla Consulta disabili del Comune di Milano.